Stefano Leoni
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Domenica 11 maggio 2014 Stefano Leoni si è spento.
Era un poeta amato, garbato nel verso come nella vita. Molti di noi lo hanno frequentato assiduamente, altri ne hanno solo sfiorato la gentilezza. Altri ancora ne hanno conosciuto solo i versi.
Questa testata normalmente non pubblica editi di autori italiani ma vogliamo poterlo salutare per mezzo delle sue stesse parole.
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Ti ho forse incontrata, luce.
Non posso averti vista né tu
avermi toccato, sei parallela
dentro – contemporanea.
Ti collochi nei tempi, osservatrice,
vegli le libertà, di sguardo,
illimitatamente. Mentre io
so solo costruirti nel respiro,
come toccare un sogno
che nel sonno può, vero.
*
Io prego basso
e dico
che il dolore è una ragione in questo tempo
una fiammata, come gli anni
passando
Torno alle cose
e siedo
lo spazio dell’ignoto è una supposizione
un pentagramma simile al vento
sfumando
particolari scalzi lasciano impronte
nelle paludi, un uccello
finge d’essere morente all’occhio del rapace
*
Anche stamattina il cane mi morde le ciabatte
mentre premo la polvere di caffè nel filtro
potrei con un movimento repentino
togliergli la preda, sentirlo guaire
mentre si nasconde nell’angolo vicino alla finestra.
Devo farmi la barba, fare scorrere l’acqua
e fingere di essere consapevole.
Il mio cane guarda, col muso inclinato, si concede
il tempo di amarmi per ciò che posso dare,
un biscotto, una carezza o un calcio nel sedere,
vede l’intero delle mie sottrazioni.
*
Ho spesso guardato i piccioni
sui cornicioni posarsi dal volo,
il loro muoversi a scatti, il ritmo
dei colli, e i colori delle piume
farsi nel gesto mille sfumature.
Il ticchettìo insistente sulle tegole
piccoli passi brevi, goffi
e il loro guardare di lato
piegando il capo, gli occhi fissi.
A un ordine muto, o a un soffio
di vento che porta un odore,
a un suono, a un timore,
si lanciano a gruppi nel vuoto
e sembrano quasi cadere.
Poi li vedi cabrare, segnare nell’aria
una strada precisa, sicura.
Anch’io cammino sui tetti, a piccoli passi.
Le mie scarpe erano sporche di cemento
quando ho tracciato il mio volo,
ho chiesto perdono, di non avere
le ossa cave degli uccelli, di non sapere
allargare le braccia e seguire
i colombi in questo cielo che si è fatto nero.
*
Sottrazioni
Aria umida e l’odore dai camini
non sale a fingere di disperdersi nel nulla,
dieci metri sopra le case
è già cielo come nel disegno dei bambini
una riga azzurra che è confine e distanza
poi ci penseranno i venti e l’idea di infinito
per noi salvi nel finito la sottrazione
è una irrinunciabile amnistia
Inspirare così a lungo
e sgonfiare l’intera bolla, assicurarsi
il ritaglio di un tempo nel vuoto inaccettabile,
e tutto l’avvenire,
come un branco di pesci in un rivolo asciugato,
contrarsi negli spasimi aspettando
una galassia a ricomporsi, un nuovo sistema solare,
la misericordia degli equilibri astrali.
*
Abitare è sempre una rinuncia
dico alle tende, al divano, alle piccole cose
lasciare a limitare il vuoto.
E’ sempre stato necessario ripararsi,
sfuggire.
O scegliere una grotta e separarsi
anche quando in cielo c’erano le stelle
per poterci sentire sufficienti mai,
mai gli occhi colmi di luci.
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poesie tratte dalle raccolte Frane e frammenti (Faloppio, LietoColle, 2008) e Basse verticali (Edizioni Kolibris, 2010)
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Stefano Leoni (1961 – 2014) è stato cofondatore dell’Associazione culturale “Poliedrica” di Forlì e suo Presidente dalla data di fondazione ad oggi (2007-2014).Ha allestito diverse mostre di poesie in immagine fondendo fotografia e poesia. Nel 2005 ha pubblicato la sua prima raccolta Ipotesi sottili (ed. Il Ponte Vecchio, Cesena – finalista al premio “Renata Canepa” di Torino 2006 e tra i vincitori al premio Arcobaleno della Vita – Città di Lendinara 2008) seguita da Frane e frammenti (Faloppio, LietoColle, 2008). Numerosi i testi apparsi in antologie per gli editori Fara, LietoColle, Campanotto. Nel 2010 è uscito il suo terzo libro Basse Verticali per l’editore Kolibris di Bologna.