Legión etérea #1 – Delmira Agustini, “El rosario de Eros”

Traduzione in esclusiva per Atelier di Sarah Talita Silvestri

EL ROSARIO DE EROS
1924

 

 

CUENTAS DE MÁRMOL

 

Yo, la estatua de mármol con cabeza de fuego,

Apagando mis sienes en frío y blanco ruego…

 

Engarzad  en un gesto de palmera o de astro

Vuestro cuerpo, esa hipnótica alhaja de alabastro

Tallada a besos puros y bruñida  en la edad;

Sereno, tal habiendo la luna por coraza;

Blanco, más que si fuerais la espuma de la Raza,

Y desde el tabernáculo de vuestra castidad,

Nevad a mí los lises hondos de vuestra alma;

Mi sombra besará vuestro manto de calma,

Que creciendo, creciendo me envolverá con Vos;

Luego será mi carne en la vuestra perdida…

Luego será mi alma en la vuestra diluida…

Luego será la gloria… y seremos un dios!

– Amor de blanco y frío,

Amor de estatuas, lirios, astros, dioses…

¡Tú me los des, Dios mío!

 

 

*

 

 

GRANI DI MARMO

 

Io, una statua di marmo dal capo infuocato,

imploro mentre estinguo le mie tempie nel ghiaccio…

 

Fissate nel ritmo del palmizio o dell’astro

il vostro corpo, quell’ipnotica perla di alabastro

scolpita a baci innocenti e brunita dal tempo;

così quieto sotto la corazza lunare;

la spuma più bianca della stirpe;

e dal tabernacolo della vostra castità

nevicate per me i gigli sconfinati dell’anima;

il mio spettro ne bacerà la coltre silente,

che avanzando e crescendo mi unirà a Voi.

Allora la mia carne si consumerà nella vostra…

La mia anima con la vostra si mescerà…

E sarà la gloria… saremo dio!

– Candido amore di ghiaccio,

Amore di statue, gigli, astri, dei…

Concedimeli, mio Dio!

 

 

*        *        *

 

 

CUENTAS DE SOMBRA

 

Los lechos negros logran la más fuerte

Rosa de amor; arraigan en la muerte.

Grandes lechos tendidos de tristeza,

Tallados a puñal y doselados

De insomnia; las abiertas

Cortinas dicen cabelleras muertas;

Buenas como cabezas

Hermanas son las Hondas almohadas:

Plintos de Sueño y del Misterio gradas.

 

Si asíun lecho como flor de muerte,

Damos llorando, como un fruto fuerte

Maduro de pasión, en carnes y almas,

Serán especies desoladas, bellas,

Que besen el perfil de las estrellas

Pisando los cabellos de las palmas!

 

– Gloria al amor sombrío,

Como la Muerte pudre y ennoblece

¡Tú me lo des, Dios mío!

 

 

*

 

 

GRANI DI OMBRA

 

Accolgono oscuri fondali la più furente

Rosa d’amore; si acclimano nella morte.

Enormi giacigli, distese mestizie,

cesellati con gladio e centinati

d’insonnia; le aperte

cortine recitano scalpi sfiniti;

bramosi come teste

sorelle sono gli intimi pulvini:

piedistalli del Sogno e spalti del Mistero.

 

Se così ci doniamo col pianto in un talamo,

come germoglio di morte, succoso frutto

saturo di passione, corpi e anime

saranno effigi desolate, venuste,

che baciano il ciglio delle stelle

calpestando la chioma della vittoria.

 

– Gloria al fosco amore,

marcisce e nobilita come la Morte.

Concedimelo, mio Dio!

 

 

*        *        *

 

 

CUENTAS DE FUEGO

 

Cerrar la puerta cómplice con rumor de caricia,

Deshojar hacia el mal el lirio de una veste…

– La seda es un pecado, el desnudo es celeste;

Y es un cuerpo mùllido un diván de delicia. –

Abrir brazos… así todo ser es alado,

O una cálida lira dulcemente rendida

De canto y de silencio… más tarde, en el helado

Más allá de un espejo como un lago inclinado,

Ver la olímpica bestia que elabora la vida…

Amor rojo, amor mío;

Sangre de mundos y rubor de cielos…

¡Tú me lo des, Dios mío!

 

 

*

 

 

GRANI DI FUOCO

 

Serrare il sodale uscio con sibilo carezzevole,

sfrondare nel peccato il giglio vestale…

– La seta è una colpa, lo spoglio è divino;

e un serico corpo è kline di piacere. –

Spalancare le braccia… affinché tutto sia aligero,

o una tiepida lira dolcemente avvinta

dal canto o dal silenzio… e dopo, nel ghiaccio

oltre una lastra a lago genuflesso,

ammirare l’olimpica bestia che manipola la vita…

Rubro amore, amore mio;

sangue del mondo e corallo dei cieli…

Concedimelo, mio Dio!

 

 

*        *        *

 

 

CUENTAS DE LUZ

 

Lejos como en la muerte

Siento arder una vida vuelta siempre hacia mí,

Fuego lento hecho de ojos insomnes, más que fuerte

Si de su allá insondable dora todo mi aquí.

Sobre tierras y mares su horizonte es mi ceño,

Como un cisne sonámbulo duerme sobre mi sueño

Y es su paso velado de distancia y reproche

El seguimento dulce de los perros sin dueño

Que han roído ya el hambre, la tristeza y la noche

Y arrastran su cadena de misterio y ensueño.

 

Amor de luz, un río

Que es el camino de cristal del Bien.

¡Tú me lo des, Dios mío!

 

 

*

 

 

GRANI DI LUCE

 

Distante come nella morte

Sento ardere senza tregua un’esistenza avversa,

colmo fuoco indolente di palpebre insonni, così atroce

quando mi arde dal suo luogo insondabile.

Il mio sdegno sovrasta la terra e i mari,

come cigno sonnambulo giace sul mio sonno

e il suo incedere è offuscato di distacco e biasimo.

L’affabile caccia di segugi senza padrone

ormai sazi di fame, di afflizione e notte

mentre portano il loro giogo di mistero e delirio.

 

Amore di luce, torrente

varco vitreo del Bene.

Concedimelo, mio Dio!

 

 

*        *        *

 

 

CUENTAS FALSAS

 

Los cuervos negros sufren hambre de carne rosa;

En engañosa luna mi escultura reflejo,

ellos rompen sus picos, martillando el espejo,

Y al alejarme irónica,intocada y gloriosa,

Los cuervos negros vuelan hartos de carne rosa.

Amor de burla y frío

Mármol que el tedio barnizó de fuego

O lirio que el rubor vistió de rosa,

Siempre lo dé, Dios mío…

 

O rosario fecundo,

Collar vivo que encierra

La garganta del mundo.

Cadena de la tierra

Constelación caída.

 

O rosario imantado de serpientes,

Glisa hasta el fin entre mis dedos sabios,

Que en tu sonrisa de cincuenta dientes

Con un gran beso se prendió mi vida:

Una rosa de labios.

 

 

*

 

 

GRANI IPOCRITI

 

Plumbei i corvi soffrono la fame di carne viva;

nell’infida luna cariatide mi rifletto,

frantumano i loro becchi, torturandoli allo specchio,

e quando irridente mi allontano, inviolata e gloriosa,

i corvini piumati volano via esausti di carne.

Amore che inganna, gelido

marmo che il tedio ha rubricato di fuoco.

O giglio che il pudore ha vestito di rosa,

concedimelo sempre, mio Dio!

 

O rosario fecondo,

florida gorgiera che contiene

la gola del mondo.

Vincolo della terra

costellazione perduta.

 

O rosario ammaliato da serpi,

solleva la fine tra le mie dita veggenti,

che con la tua bocca a cinquanta punte

premuta forte sulla mia hai acceso la vita:

un’incarnata rosa sulle mie labbra.

 

 

*        *        *

 

Autografo di Delmira Agustini

 

*        *        *

 

 

Si riporta di seguito la traduzione della nota introduttiva all’ultima raccolta di Delmira Agustini nel volume DELMIRA AGUSTINI, Poesías completas, a cura di Magdalena García Pinto, Madrid 2000:

 

«Come si apprende il titolo di questo poema, che consta di cinque parti, fu adottato per designare l’intera raccolta di poesie che fu pubblicata postuma. Le poesie di questa sezione non furono pubblicate in vita da Delmira Agustini, che aveva annunciato con una breve nota al lettore ne “Los calices vacìos” di star portando a termine un quarto volume di poesie dal titolo “Los astros del abismo”. La sua morte improvvisa lasciò l’intento incompiuto. Alla vigilia del decimo anniversario della morte della poetessa, il padre, don Santiago Agustini, stila un manoscritto in vista della pubblicazione dell’opera completa di Delmira, la cui data era stata prefissata per il 1924, e sarebbe stata curata da O. M. Bertani. Pertanto l’ordine e la selezione delle poesie che comparirono postume sotto il titolo di “El rosario de Eros” riproduceva  la versione del manoscritto di Santiago Agustini per la pubblicazione di “Las obras completas” del 1924, in base ai documenti consultati nell’Archivio Delmira Agustini della Biblioteca Nazionale di Montevideo. Non è possibile affermare con sicurezza che il titolo del quarto libro di poesie di Agustini sarebbe stato El rosario de Eros. Tra il 1913 e il 1914 Delmira Agustini aveva pubblicato inediti in supplementi letterari e riviste.”»

 

 

*        *        *

 

Il terzo volume di poesie di Delmira Agustini, Los cálices vacíos, pubblicato nel 1913, si apre con questo elogio di Rubén Darío. Lo aveva conosciuto l’anno precedente, durante un viaggio del poeta in Uruguay.

PÓRTICO

De todas cuantas mujeres hoy escriben en verso ninguna ha impresionado mi ánimo como Delmira Agustini, por su alma sin velos y su corazon de flor. A veces rosa por lo sonrosado, a veces lirio por lo blanco. Y es la primera vez que en lengua castellana aparece un alma femenina en el orgullo de la verdad de su inocencia y de su amor, a no ser Santa Teresa en su exaltación divina. Si esta niña bella continúa en la lírica revelación de su espíritu como hasta ahora, va a asombrar a nuestro mundo de lengua española. Sinceridad, encanto y fantasía, he allí las cualidades de esta deliciosa musa. Cambiando la frase de Shakespeare, podría decirse «that is a woman», pues por ser muy mujer, dice cosas exquisitas que nunca se han dicho. Sean con ella la gloria, el amor y la felicidad.

RUBÉN DARÍO

 

SOGLIA

Tra le tante donne che scrivono poesia nessuna ha impressionato il mio animo come Delmira Agustini, per la sua anima senza veli e il suo florido cuore. Talvolta rosa per il roseo, altre volte giglio per il candore. Ed è la prima volta che appare un’anima femminile in lingua spagnola nell’orgoglio verace della sua purezza e del suo amore, dopo santa Teresa nella sua esaltazione divina. Se questa bella fanciulla persevera nella rivelazione lirica del suo spirito come finora, meraviglierà il nostro mondo di lingua spagnola. Genuinità, incanto e immaginazione sono le qualità di questa adorabile musa. Alterando la frase di Shakespeare si potrebbe dire «that is a woman», poiché essendo una donna, dice cose sopraffini che non sono mai state dette. Che la gloria, l’amore e la felicità la accompagnino.

RUBÉN DARÍO

 

*        *        *

 

L’attività poetica di Delmira Agustini si colloca all’interno dell’ambiente intellettuale di Montevideo all’inizio del Novecento, caratterizzato dal disfacimento della visione che aveva animato il secolo precedente e da un crescente individualismo, dall’opposizione alla borghesia, dalla diffusione di posizioni riformiste e dal consolidato vitalismo, parte del pensiero nietzschiano molto diffuso in America Latina. Una realtà caleidoscopica che fa posto a differenti correnti filosofiche: il determinismo materialista, lo scetticismo, il nichilismo etico, l’amoralismo nietzschiano, la concezione di libertà, che suscitò verso la fine del secolo una certa esaltazione dell’impulso erotico e genesiaco, privo di freni inibitori, molto differente dalla spirituale passione romantica dell’Ottocento. In questo ambiente sfaccettato di Montevideo nasce il 24 ottobre del 1886 Delmira Agustini, di madre argentina e padre uruguayano. Come era uso all’epoca per le famiglie borghesi, Delmira viene educata dai suoi genitori, i quali si premurano di darle un’istruzione completa, che includa lo studio del francese, del pianoforte, disegno e pittura. In un atelier d’arte conosce un giovane francese, André Giot de Badet, che diverrà uno dei suoi amici più cari. Con lui si intrattiene in conversazioni e nella lettura di scrittori francesi. In seguito, Giot de Badet tradurrà varie poesie di Delmira che saranno pubblicate su riviste in Francia. Delmira inizia a scrivere poesie molto precocemente e i suoi genitori mostrano sin dall’inizio un appoggio e un interesse fuori dal comune per l’attività poetica della figlia, a tal punto che saranno suo padre e suo fratello a riordinare le poesie e ripulire i quaderni e i carteggi. Queste trascrizioni di Santiago e Antonio Agustini, che oggi fanno parte dell’Archivio Delmira Agustini nella Biblioteca Nazionale di Montevideo, facilitano la ricerca dei testi che in alcuni quaderni sono di difficile lettura. Lo stretto e affettuoso legame con la famiglia rappresenta un aspetto che è stato giudicato negativamente da biografi e critici, in particolar modo il rapporto con la madre. Tuttavia, Magdalena García Pinto, durante la ricerca nei documenti personali, e soprattutto nelle lettere di famiglia, sostiene di non aver riscontrato niente che avvalori tale disarmonia. Delmira Agustini comincia a pubblicare le sue prime poesie sulla rivista La Alborada a partire dal 1902. Nel 1903, all’età di diciassette anni, questa stessa rivista la invita a gestire una rubrica, che lei intitola «Legión etérea». Il circolo di intellettuali amici della poetessa includeva tra gli altri Manuel Medina Betancort, Manuel Ugarte, Alberto Zum Felde e Roberto de las Carreras. La cospicua corrispondenza personale con questi e con altri letterati contemporanei documenta la forte ammirazione di cui godeva. Nel 1907 Delmira pubblica El libro blanco (Frágil), il suo primo libro di poesie con introduzione di Manuel Medina Betancort. Fu accolto molto bene, nonostante si percepisca nei primi giudizi critici una tendenza a non separare la notevole ricchezza della sua poesia dalla fisica bellezza. Nel 1910 pubblica il suo secondo libro, Cantos de la mañana, con prologo dello scrittore uruguayano Manuel Pérez y Curis, direttore della rivista Apolo. Nel 1910 aveva già acquisito un considerevole prestigio come poetessa. Già da tempo intratteneva una relazione con un uomo, Enrique Job Reyes, che non apparteneva all’ambiente intellettuale. Nel febbraio del 1913 pubblica la sua terza raccolta di poesie, Los cálices vacíos, introdotta dall’elogio di Rubén Darío, che la accosta a santa Teresa d’Avila. A tale testo Delmira assegna il titolo evocativo di Pórtico, per ribadire tanto la sua ammirazione per Darío quanto il suo desiderio di legittimazione. In questo volume annuncia di star lavorando ad una nuova raccolta dal titolo «Los Astros del Abismo», che lei stessa considera la cúpula dell’intera sua opera. Nell’agosto del 1913 si sposa con Enrique Job Reyes. Uno dei tre testimoni di nozze di Delmira è Manuel Ugarte, con cui già aveva stabilito una relazione epistolare amorosa molto intensa, come si evince dalle lettere che lui aveva scritto a Delmira e le poche di Delmira che non sono state distrutte dalla moglie di Ugarte. Dopo poche settimane dal matrimonio accade qualcosa di inaspettato che resta in parte nel mistero: Delmira prende la decisione di abbandonare il marito e tornare nella casa paterna, perché non può più convivere col giovane Reyes. Nel novembre dello stesso anno viene presentata una domanda di divorzio a nome di Delmira che viene accettata da Reyes con apparente calma, perché secondo la testimonianza di alcuni suoi amici e parenti era tormentato da una passione esasperata e la richiesta di divorzio rappresentava per lui un’offesa all’onore di uomo. Durante il tempo di attesa della sentenza di divorzio, Delmira continua a vedersi con Reyes due volte a settimana in una camera in cui lui era andato a vivere dopo la separazione. Il 22 giugno si conclude il processo per il divorzio e il 6 luglio Delmira va a trovarlo, per un’ultima volta. Quel giorno Enrique Job Reyes la colpisce con due pallottole alla testa e poi si uccide con lo stesso revòlver, in quella camera cosparsa di foto, quadri e altri oggetti della sua ex moglie, lì in quel sacro recinto in cui si consumava quell’Eros devastante e nefasto. Delmira aveva ventisette anni.

 

Sarah Talita Silvestri (Palermo 1982) vive a Bra, in provincia di Cuneo. È laureata in Archeologia e Storia antica presso l’Università degli Studi di Torino, si occupa di numismatica antica e collabora con associazioni culturali e musei; è docente presso la Scuola Secondaria.

 

*        *        *

 

Tutte le informazioni biografiche di Delmira Agustini, le poesie edite e inedite qui tradotte, sono state reperite dalla scrivente in DELMIRA AGUSTINI, Poesías completas, a cura di Magdalena García Pinto, Madrid 2000. Nello stesso, anche l’elogio di Rubén Darío e la notizia biobibliografica.