Roberto Deidier (Roma, 1965) è poeta e saggista. Nel 1995 pubblica Il passo del giorno (Sestante, premio Mondello opera prima), con prefazione di Antonio Prete; nel 1999 Libro naturale, con un’incisione di Giulia Napoleone e nel 2002 riunisce i primi due libri in Una stagione continua (peQuod, risvolto di Fernando Bandini). Sempre di quell’anno è Il primo orizzonte (San Marco dei Giustiniani, prefazione di Luigi Surdich, incisione di Piero Guccione). Nel 2011 con Empirìa pubblica una scelta delle sue traduzioni poetiche, Gabbie per nuvole e nel 2014 appare Solstizio (Mondadori, premio L’Aquila, premio Frascati, premio Brancati). Nel 2017, con acquarelli di Giancarlo Limoni, Dietro la sera (Il Bulino) e nel 2021 All’altro capo (Mondadori, copertina di Giulia Napoleone, premio Pisa, premio Moncalieri, premio Pascoli). Nel 2022, con l’artista Laura Fortin, ha pubblicato per Le Farfalle Nero residuo, esito di un progetto tra disegno e poesia. È ordinario di Letteratura italiana presso l’università di Palermo. Per Sellerio ha pubblicato Le forme del tempo. Miti, fiabe, immagini di Italo Calvino (2004), Le parole nascoste. Le carte ritrovate di Sandro Penna (2008), Il lampo e la notte. Per una poetica del moderno (2012); per Marsilio Persefone. Variazioni sul mito (2010) e per Donzelli Kore, la ragazza ineffabile. Un mito tra passato e presente (2018). Ha curato opere e carteggi di autori come Montale, Saba, Sicari, Manganelli, Bellezza e Sandro Penna, di cui è apparso nel 2017 il “meridiano” Mondadori. Per la stessa collana ha tradotto le poesie di John Keats (2019).
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Tre stadi
I. Pape Satàn
Era tanto che non scriveva. Il cielo
Posava addosso come materia liquida.
Di là dalle finestre chiuse
La consistenza ferma e serena
Della terra riscaldata dal sole,
Qualcuno che ancora gli insegnasse
La meraviglia.
II. In exitu Israel de Aegypto
Il rosa della prima luce
S’insinuò tra le persiane, restituì
Alla stanza le sue misure di sempre,
Le abitudini, i doveri.
Apparve così, china nell’indecisione
Del dormiveglia, sul bordo del letto
Solo per dirgli che ce l’avrebbe fatta.
Se n’era andata ormai da due anni
Lasciandogli a distanza il fiato di quell’alba,
Quel dono che è tutto ed è pochezza,
Rinnovando l’addio in una carezza.
III. Osanna, Sanctus
L’ombra di questo verso sul muro dell’estate.
Le lame del pomeriggio trafiggono l’infisso,
Rigano il cielo compresso sul soffitto.
La generosità di un vento fittizio
E il rombo di un aereo mentre atterra,
Come il coro di una beatitudine conquistata.
*
Il primo ricordo
Oggi è il giorno più bello.
Pomeriggio di prima estate,
Di luce assoluta,
Come fuori da una galleria.
Mio padre alla guida sorride,
Mia madre sa dove stiamo andando.
*
Parentesi
Quando sarà caduta ogni parentesi
Resteremo spogli, io e te,
Come un ricordo fuori stagione
Pensando la malinconia di un frutto non colto.
Se anche lupi e volpi lo attraversano,
O cinghiali, serpenti, il tuo nome
Ha tracciato un sentiero certo
Nel fitto del mio bosco.
Questa felicità non consumata è la salvezza
Che fissa te all’altro capo dei miei risvegli
E forse me nel lampo di un inganno
Quando non sai più tenere gli occhi aperti.
Dove non ci incontriamo, lì esistiamo,
Diremmo in una lingua non nostra.
Ci spettano solo minime vertigini,
Frasi tra parentesi. Le più semplici –
(un po’ mi manchi).
© Fotografia di Domenico Stagno