87.

La polena

Verso l’intimo per caso mi sono girato

e ho scorto in lontananza un lembo d’infinito

ho corso invano per cercare di agguantarlo

mi sono seduto vedendomi trascorso

ho scosso in me un catino ramato

non c’è acqua in fondo al pozzo

solo strascichi di fluttui carsici

che distolti dal mio guardare

riaffiorano vivaci

migro nell’avvenire e mi specchio

nello stagno livido dei miei discorsi

un vento timido spinge al largo

Il mio discreto divagare

gli stormi di certo non distanti

si innalzano all’unisono

nel cielo plumbeo i miei rimpianti

voluttuosi si destreggiano

tra il tepore forviante

di un ricordo lontano

ma appagante

sento passi in vicinanza

un peschereccio ronda ad oltranza

tra le sue reti

cerca sogni da raccontare

il marinaio mastica schegge di vita

sputate sul fondo di un ceppo morente

la polena ancor sporta al coro delle onde

si affaccia insonne ad un’altra banchina

approdo dell’animo

ombra mattutina.

Potatura secca

Oggi, nel giardino incolto del mio animo

le lacrime dei rami potati

conto

il tonfo dei ceppi mozzati

piombo.

Delle poche foglie

all’arsura ancor devote

tante ne sono cadute

aggrappandosi ai miei capelli.

Scrollandole di dosso, saluto l’estate

chimera e rimpianto

e mi cospargo d’autunno

balsamo di disincanto

e intanto

raccolte in cerchio le frasche

reclamano la salma del feticcio

trafugato al mio destino.

Scoppiettano i tizzoni

incalzati da un vento avido di catarsi

e s’involano, brandelli di scelte

immolate all’altare dell’intento.

Il fumo divampa e risplendono torbidi

i propositi accantonati alla sera

i sogni dimenticati al mattino.

Tra le ceneri

sbiadite sembianze

da altri dipinte

i contorni del nulla

sui quali cammino.

Orme di scissioni

Scrivo e muoio.

Muoio mentre scrivo.

Muoio

in

ogni

parola.

O no? Io?

Io no. Un io.

Scrivo e sono io

scrivo ed ero io.

Sono passato

ed ero presente

in un istante.

Queste parole

orme di scissioni

si illudono di perpetuarmi

opache reliquie

brillano come stelle defunte.