Autunno
Piove a dirotto e il vento soffia
forte, tanto che nei boschi lontani
gli alberi si piegano, curvi verso
il suolo, stanco di guardare
là in alto, le nuvole grigie che
chiudono, bloccano, serrano
il cielo nella sua prigione.
Passano lente lente le ore
un campanile lontano rintocca
dodici volte precise:
fuori non si è ancora fatto giorno
ancora le gocce battono pesanti sui
tetti fradici, fatti di tegole fredde
nel freddo dell’aria e del mondo.
Nelle case, le luci brillano come
stelle di un firmamento nuovo, artificiale
compongono costellazioni
alimentate da energia di non so dove
che corre di stanza in stanza
fino ai caloriferi bianchi, accesi, svegli
mentre tutto intorno dorme.
Splendono gli schermi colorati
arcobaleni lampeggianti qua e là:
il televisore da solo risuona nelle stanze
vuote, o forse piene?
Di persone non ne vedo, se non per qualche
ombra scura che si staglia nel giallo
di quelle luminose lampadine.
Ma il cielo plumbeo non guarda, certo,
in casa, le gocce continuano a cadere
sui tetti fanno tic e toc, tremano le piante
agitate dal vento, le nuvole scure coprono
la terra, il fango, l’asfalto della strada
e i motori delle auto che passano veloci
non si sentono, coperti dai rombi di tuono.