Hilde Domin, una poesia
Commento di Clery Celeste
Di noi
Si leggerà di noi nel futuro.
Mai avrei voluto suscitare nel futuro
la pietà degli alunni.
Mai essere su un quaderno di scuola
in questo modo.
Noi, condannati
a sapere
e non ad agire.
La nostra polvere
non tornerà mai terra.
Commento di Clery Celeste
Di noi
Si leggerà di noi nel futuro.
Mai avrei voluto suscitare nel futuro
la pietà degli alunni.
Mai essere su un quaderno di scuola
in questo modo.
Noi, condannati
a sapere
e non ad agire.
La nostra polvere
non tornerà mai terra.
Ritorno con una certa urgenza a questa poesia di Hilde Domin (pubblica Del vecchio editore, traduzione a cura di Paola Del Zoppo) che dice già tutto nella sua forma di roccia verticale. Leggere la Domin è scalare su roccia, necessita di una lunga preparazione al dolore e al silenzio. Necessita del digiuno, per scalare bisogna essere lievi, risalire la verticalità privi di ogni superfluo. Lo spazio bianco della pagina impone l’esercizio del respiro, dobbiamo reimparare a respirare, abbiamo ora il tempo per far retrocedere la lingua. In questi giorni di chiusura dove le mura di casa ci contengono e ci comprimono, ci salvano e ci ingoiano, leggere Hilde Domin è un esercizio di silenzio. Nei suoi versi possiamo ritrovare la stessa comune sorte: “noi, condannati/ a sapere/ e non ad agire”.
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