La casa dove eravamo vissuti per anni
era ora vuota e deserta senza più un mobile.
Camminavamo sui pavimenti liberi d’ogni ingombro,
disorientati dagli spazi ora così diversi,
percependo il fantasma della sedia
o del tavolo che erano stati in una specifica posizione.
Un sapore di rammarico saliva alla bocca
ma non era rimpianto,
era mera presa di coscienza che tutto scorre,
che le cose e le vite passano verso nuove direzioni.
Le cose che furono dette in quegli angoli,
i pensieri che si formarono a ridosso di quelle pareti
ritornavano filtrati dalla distanza del tempo.
Tra un passo titubante e uno sguardo alla finestra
aperta sulla strada di sotto
o verso il giardino o il cortile,
ritornavano gli eventi dimenticati:
quelli che credevamo insignificanti
e che ora reclamavano i loro diritti
a un’esistenza propria sul libro dei ricordi;
e quelli drammatici, che avremmo voluto dimenticare.
Le urla e il pianto, le frustrazioni del momento.
Il senso di abbandono, la necessità del muovere avanti,
sapendo che anche in questo luogo,
ora apparentemente vuoto, rimane
un sedimento di noi,
leggero e inesistente come l’aria,
astratto e sfuggente
ma con la consistenza di una forza magnetica.
I segreti scambiati, il detto e il non detto.
I sorrisi e le speranze che in quella casa si formarono.
Avendo salito di corsa le scale,
Toccando la porta che tu toccasti,
quasi come se nell’impugnare questa maniglia
io stringessi ora la tua mano
che una volta fu qui.
LA VECCHIA SARTORIA IN UN LAMENTO
Il tempo è un residuo passeggero che scivola via.
Il prima, il dopo, il sempre, sfumature senza senso
quando è l’ora di levare l’àncora e svanire
in uno sbuffo di fumo che si dilegua,
per un bosco o sopra il mare,
o dall’alto di un camino sulla via.
Le fotografie di un prima che non esiste più,
eppure èsita nella memoria, come fosse adesso.
Sei qui, e non sei più. Il tuo profilo ancóra
a contornare lo spazio che ci contiene.
E noi siamo vuoti come non credevamo
fosse mai stato possibile.
Ti immagino a riposare in quella stanza
dove per anni c’erano pezzetti di stoffa volanti.
Una grande finestra su una strada rumorosa,
e ora affogata dal silenzio del tuo sguardo cieco.
E vedo ancóra il fantasma di una macchina per cucire,
aghi e spilli e forbici giganti sopra un banco
e fili di ogni colore
che credevo avere dimenticato;
ritornano da lontano a farti compagnia.
Anche loro sono qui, noi siamo qui, con te,
anche solo per un attimo,
anche quando non ci sei più.
Ogni cosa è solo presa in prestito,
così come l’amore e il tempo,
tutto va restituito.
Qualora tutto accadesse
In questo pietrame di foglie scosse
Oltre il margine del giardino,
E tuttavia così vicino, al di qua del pensiero
Che solerte sfugge per un nuovo sentiero,
Dove ombre e parole desuete
Cercano il nuovo dell’esistere,
Allora, forse, un’altra immagine
Si presterebbe a essere guardata
Con occhi chiusi,
Vòlti al dentro della preghiera.