10.

La casa dove eravamo vissuti per anni

era ora vuota e deserta senza più un mobile.

Camminavamo sui pavimenti liberi d’ogni ingombro,

disorientati dagli spazi ora così diversi,

percependo il fantasma della sedia

o del tavolo che erano stati in una specifica posizione.

Un sapore di rammarico saliva alla bocca

ma non era rimpianto,

era mera presa di coscienza che tutto scorre,

che le cose e le vite passano verso nuove direzioni.

Le cose che furono dette in quegli angoli,

i pensieri che si formarono a ridosso di quelle pareti

ritornavano filtrati dalla distanza del tempo.

Tra un passo titubante e uno sguardo alla finestra

aperta sulla strada di sotto

o verso il giardino o il cortile,

ritornavano gli eventi dimenticati:

quelli che credevamo insignificanti

e che ora reclamavano i loro diritti

a un’esistenza propria sul libro dei ricordi;

e quelli drammatici, che avremmo voluto dimenticare.

Le urla e il pianto, le frustrazioni del momento.

Il senso di abbandono, la necessità del muovere avanti,

sapendo che anche in questo luogo,

ora apparentemente vuoto, rimane

un sedimento di noi,

leggero e inesistente come l’aria,

astratto e sfuggente

ma con la consistenza di una forza magnetica.

I segreti scambiati, il detto e il non detto.

I sorrisi e le speranze che in quella casa si formarono.

Avendo salito di corsa le scale,

Toccando la porta che tu toccasti,

quasi come se nell’impugnare questa maniglia

io stringessi ora la tua mano

che una volta fu qui.

LA VECCHIA SARTORIA IN UN LAMENTO

Il tempo è un residuo passeggero che scivola via.

Il prima, il dopo, il sempre, sfumature senza senso

quando è l’ora di levare l’àncora e svanire

in uno sbuffo di fumo che si dilegua,

per un bosco o sopra il mare,

o dall’alto di un camino sulla via.

Le fotografie di un prima che non esiste più,

eppure èsita nella memoria, come fosse adesso.

Sei qui, e non sei più. Il tuo profilo ancóra

a contornare lo spazio che ci contiene.

E noi siamo vuoti come non credevamo

fosse mai stato possibile.

Ti immagino a riposare in quella stanza

dove per anni c’erano pezzetti di stoffa volanti.

Una grande finestra su una strada rumorosa,

e ora affogata dal silenzio del tuo sguardo cieco.

E vedo ancóra il fantasma di una macchina per cucire,

aghi e spilli e forbici giganti sopra un banco

e fili di ogni colore

che credevo avere dimenticato;

ritornano da lontano a farti compagnia.

Anche loro sono qui, noi siamo qui, con te,

anche solo per un attimo,

anche quando non ci sei più.

Ogni cosa è solo presa in prestito,

così come l’amore e il tempo,

tutto va restituito.

Qualora tutto accadesse

In questo pietrame di foglie scosse

Oltre il margine del giardino,

E tuttavia così vicino, al di qua del pensiero

Che solerte sfugge per un nuovo sentiero,

Dove ombre e parole desuete

Cercano il nuovo dell’esistere,

Allora, forse, un’altra immagine

Si presterebbe a essere guardata

Con occhi chiusi,

Vòlti al dentro della preghiera.