Si sale, con il cuore in mano e lo zaino in spalla;
di smeraldo i prati e immacolata la neve soffice
e gelida, che come una mano materna accarezza
e lambisce le cime più alte e impetuose.
Nessun frastuono, solo i battiti accelerati del mio cuore
rimbombano nelle mie orecchie e tace ogni malessere.
La musica è l’aria che mi accarezza i capelli e le note
sono scandite dallo scorrere dell’acqua di un ruscello.
Il sentiero sempre più stretto e ripido e un raggio di sole
timido filtra tra le fronde di maestosi e nobili alberi, che
come sovrani scrutano dall’alto la fitta boscaglia, riparo
per creature che si rallegrano della sua rigogliosità.
Non temo di esporre il mio volto al sole, che con la sua
delicatezza non nuoce e stringe la natura in un paterno
abbraccio; uno specchio d’acqua limpida assume un colore
dorato, baciato dai raggi che illuminano i miei occhi.
Stringo i lacci del mio scarpone e ammiro i più bei fiori
di stagione, che come mille occhi mi scrutano,
ma non giudicano; mi parlano senza emettere alcun suono
sussurrandomi le parole più dolci e delicate.
Non cercarmi tra i muri tinti di angosce della mia stanza.
Non gridare il mio nome in un luogo affollato, nella speranza di
trovarvi miei occhi.
Non insistere affinché io ti segua in un luogo dove alberga la confusione.
Il mio cuore risiede in cima alle vette più alte,
dove, nella fatica del cammino, ho concesso riposo
alla mia anima.