4.

Si sale, con il cuore in mano e lo zaino in spalla;

di smeraldo i prati e immacolata la neve soffice

e gelida, che come una mano materna accarezza

e lambisce le cime più alte e impetuose.

Nessun frastuono, solo i battiti accelerati del mio cuore

rimbombano nelle mie orecchie e tace ogni malessere.

La musica è l’aria che mi accarezza i capelli e le note

sono scandite dallo scorrere dell’acqua di un ruscello.

Il sentiero sempre più stretto e ripido e un raggio di sole

timido filtra tra le fronde di maestosi e nobili alberi, che

come sovrani scrutano dall’alto la fitta boscaglia, riparo

per creature che si rallegrano della sua rigogliosità.

Non temo di esporre il mio volto al sole, che con la sua

delicatezza non nuoce e stringe la natura in un paterno

abbraccio; uno specchio d’acqua limpida assume un colore

dorato, baciato dai raggi che illuminano i miei occhi.

Stringo i lacci del mio scarpone e ammiro i più bei fiori

di stagione, che come mille occhi mi scrutano,

ma non giudicano; mi parlano senza emettere alcun suono

sussurrandomi le parole più dolci e delicate.

Non cercarmi tra i muri tinti di angosce della mia stanza.

Non gridare il mio nome in un luogo affollato, nella speranza di

trovarvi miei occhi.

Non insistere affinché io ti segua in un luogo dove alberga la confusione.

Il mio cuore risiede in cima alle vette più alte,

dove, nella fatica del cammino, ho concesso riposo

alla mia anima.